Operazioni dolose e fallimento - Torino 2016

Operazioni dolose e fallimento

Natura: penale
Sede giudiziaria: Torino
Anno: 2016
Cliente: Amministratore Unico e Socio di Srl

Tema del procedimento

L’amministratore Unico (e socio) di una Srl è accusato di bancarotta fraudolenta per aver causato il fallimento con operazioni dolose.

Il fatto

Viene dichiarata fallita una Srl che organizzava fiere ed eventi nel settore dell’arte.

Il Curatore non sembra essersi reso conto della storia della società, che aveva organizzato mostre in Italia con centinaia di migliaia di spettatori, eventi d’arte all’estero che avevano dato lustro al nostro Paese e appuntamenti d’arte periodici di tale successo che gli enti pubblici locali ne avevano comprato il marchio (marchio che aveva confermato la sua validità anche nelle nuove mani).

Il fallimento era dovuto a forti ritardi di pagamento da parte di enti pubblici (ai tempi dei cosiddetti “tagli alla cultura”). Oltre a non aver mai incontrato di persona l’amministratore unico (e maggior quotista) della società, il Curatore stava addirittura per rinunciare al maggiore credito della società – quando all’improvviso riceveva (senza nulla aver fatto) € 400 mila dalla Soprintendenza di una regione centro-meridionale, in pagamento di vecchie fatture. (La Soprintendenza aveva commesso un errore formale nell’opporsi al decreto ingiuntivo chiesto dalla Srl prima del fallimento. Un Giudice se ne era accorto autonomamente, durante il processo di merito).

Il procedimento giudiziario

Sulla base della relazione del Curatore, il PM comunica all’amministratore unico e maggior quotista della Srl fallita che le indagini a suo carico sono terminate e che sono emerse operazioni dolose che hanno cagionato il fallimento (art. 223 comma 2, n. 2 della vecchia Legge Fallimentare).

In particolare, vengono considerate “dolose”:

  1.  il protratto mancato versamento dell’Iva;
  2.  la rivalutazione “libera”, in bilancio, dei marchi delle fiere ancora nel portafoglio della società.

Il lavoro del Rivella

Il difensore suggerisce la nomina del consulente contabile (il Rivella) senza attendere la richiesta di rinvio a giudizio. Non è una scelta scontata, tanto più quando l’indagato stesso (uomo di cultura artistica, ma non amministrativa) non sembrava convinto delle proprie ragioni.

Sta di fatto che quando – studiando il fascicolo – Rivella fa emergere la superficialità e gli errori del Curatore e trova altri elementi difensivi di natura tecnico-contabile, nasce la speranza di una derubricazione del reato in bancarotta semplice.

Gli elementi difensivi tecnico – contabili sono, tra l’altro, i consistenti versamenti del socio a favore della società; il fatto che il commercialista – non più pagato – non aveva più collaborato a redigere il bilancio (lasciando le scelte in mano all’amministratore unico, non esperto di contabilità e bilanci); il valore effettivo marchi, ben superiore al costo e pari a quello iscritto in bilancio.

Esito

È grande la sorpresa, quando il PM, poche settimane dopo il deposito della consulenza tecnica e a due giorni da Ferragosto scrive:
Rilevato che la difesa, con una articolata e ben documentata memoria, ha confutato punto per punto le accuse formulate in sede di imputazione ed infatti:

  • a) relativamente alla rivalutazione dei marchi posseduti dalla persona giuridica fallita, trattasi di cooperazione lecita e giustificata alla luce della rilevanza imprenditoriale dell’attività svolta dalla società e che eventuali contestazioni circa il valore attribuire marchi non sono certo una rilevanza tale da potersi parlare di falsità dell’appostamento contabile relativo; considerato ancora, sempre con riferimento all’evoluzione dei marchi, che anche le modalità di comportamento dell’indagato paiono escludere profili dolosi in capo lo stesso, posto che a seguito della rivalutazione non si è proceduto ad alcuna distribuzione di dividendi ma si è correttamente iscritta un’apposita voce relativa al “conto riserva di rivalutazione;”
  • “b) quanto al mancato versamento dell’imposta sul valore aggiunto, l’indagato ha proceduto a partire dal 2011 a pagare le relative rate … “
  • “c) considerato infine che la condotta di aggravamento del dissesto per ritardato fallimento non può essere contestata in quanto al momento dell’emissione del dissesto l’indagato ha versato nelle casse sociali una somma di denaro assai rilevante, …

Il PM conclude così:

CHIEDE che il Giudice per le indagini preliminari in sede voglia disporre l’archiviazione del procedimento e ordinare la conseguente restituzione degli atti al proprio Ufficio“.

Il GIP è talmente d’accordo che dispone l’archiviazione con un timbro e senza ulteriori commenti.

Nel Registro Generale delle Notizie di Reato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino il procedimento aveva il numero 27329/15.