Bancarotta fraudolenta patrimoniale

Concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale

Natura: penale
Sede giudiziaria: Torino
Anno: 2020
Cliente: acquirente di un’azienda

Tema del procedimento

Un imprenditore acquista un’azienda da una Srl in difficoltà finanziarie. Quanto la Srl fallisce, l’imprenditore viene accusato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in relazione al “prezzo vile” e alle modalità di pagamento dell’azienda acquistata.

Il fatto

Una Srl è proprietaria di una residenza sanitaria assistenziale (RSA) con quasi 80 posti letto. Opera da circa quindici anni, ma la sua autorizzazione è ancora provvisoria.

Aveva iniziato l’attività acquistando in leasing un grande immobile, ristrutturandolo parzialmente.

I tempi sono difficili: la Regione (pressoché l’unico cliente) paga sempre più in ritardo.

– La Regione

Per risparmiare, poi, la Regione decide che quando i ricoverati psichiatrici raggiungono una certa età, non pagherà più la tariffa degli psichiatrici, ma quella (più bassa) degli anziani.

Infine, la Regione subordina il rinnovo della licenza alla separazione degli ospiti psichiatrici da quelli anziani. Questa prescrizione concedeva quattro anni per mettersi a norma. Ne sono già trascorsi tre e mezzo e nulla è stato fatto. I lavori sarebbero costosissimi, anche perché l’immobile è tutelato dalla Soprintendenza.

– La cooperativa sociale

Da ultimo, la Srl non riesce neppure più a pagare la cooperativa sociale alla quale ha dato in appalto i servizi di infermieri e operatori sanitari (OS).

A sua volta, la Cooperativa paga ai soci lavoratori acconti sempre più bassi. La prestazione dei soci lavoratori rischia di interrompersi.

– La NewCo

Il presidente della Cooperativa (futuro cliente del Rivella) propone di salvare il salvabile, subentrando nella RSA.

Il presidente costituisce una sua Srl (che qui chiameremo Newco), la quale prende in affitto l’immobile dalla RSA. I canoni sono generosissimi (addirittura, nei primi anni sono più alti dell’importo a regime). La cauzione, poi, è di ben dodici mensilità, invece delle due o tre che si è soliti pattuire.

In questo modo, egli mette la vecchia Srl in grado di finire di pagare le rate di leasing e di diventare proprietaria dell’immobile.

In parallelo, la Newco compra dalla RSA, al prezzo di 210 mila Euro, l’azienda con tutti i suoi problemi, ma senza debiti e i (consistenti) crediti. Il pagamento non viene fatto alla RSA, ma mediante accollo del debito della RSA verso la Cooperativa Sociale. Viene così scongiurato il rifiuto della prestazione da parte dei soci – lavoratori e l’interruzione del pubblico servizio.

È una mossa intelligente: la Srl originale cessava di essere operativa e si trasformava in una società immobiliare statica. Al di là degli schermi societari, gli anziani proprietari della Srl avrebbero potuto “andare in pensione” facendo conto sull’immobile e sui redditi che esso avrebbe prodotto.

– Il piano fallisce

Il piano non si realizza perché il mese dopo la società di factoring che aveva anticipato le fatture emesse nei confronti della Regione recede dal contratto e chiede alla Srl, diventata immobiliare, l’immediata restituzione dei 300 mila Euro che essa aveva anticipato.

Viene tentato un concordato preventivo, sempre grazie alla Newco, che è disposta a diventare assuntore. Anche questa proposta cade, quando la società di leasing recede dal contratto, lamentando le troppe rate impagate.

Senza la garanzia di poter usare l’immobile, la Newco ritira la proposta di diventare assuntore; la vecchia Srl fallisce; la Newco continua a gestire la RSA (spendendo milioni di Euro per la ristrutturazione) e tratta direttamente con la società di leasing per l’uso dell’immobile.

– Il Curatore

Il Curatore potrebbe revocare il contratto di cessione di ramo d’azienda e procedere ad una nuova vendita, ma non lo fa. Trova invece un accordo con la Newco, che gli versa 680 mila Euro a titolo di transazione, senza nulla riconoscere. La Newco fa anche in modo che il Curatore riesca a vendere la quota indivisa di un immobile, quota che stava per essere abbandonata.

Il procedimento giudiziario

Alla luce dei rapporti tra Newco e il Curatore, è con somma sorpresa, che il fondatore della Newco riceve la notifica della richiesta di rinvio a giudizio.

Il Curatore aveva scritto nella sua relazione che la cessione d’azienda del febbraio era avvenuta a “prezzo vile” e che il prezzo non era stato pagato, non avendo la Newco prodotto la “liberatoria” dal credito rilasciata dalla Cooperativa Sociale.

Il PM recepisce la critica del Curatore e contesta all’ex presidente la bancarotta fraudolenta per distrazione (art. 216 comma 1 della vecchia Legge Fallimentare).

Su suggerimento del suo Legale, l’imputato nomina il Rivella come suo consulente tecnico-contabile.

Rivella non aveva preso parte ad alcuna fase della vicenda e neppure la conosceva.

Il lavoro del Rivella

La relazione del Rivella è molto critica verso la relazione del Curatore.

Vengono evidenziate numerose incongruenze e vengono portati alla luce fatti che il Curatore aveva trascurato.

Sui due punti recepiti dal PM, Rivella punta a dimostrare:

  1. che il prezzo di € 210 mila non serviva a comprare una vera azienda (visto che quella esistente era ormai clinicamente morta), ma ad avere il diritto di ricostruirla. A caro prezzo e con molte difficoltà ed incertezze;
  2. che la mancanza della “liberatoria” era un falso problema, visto che i 210 mila Euro erano stati pagati (vengono prodotti gli assegni circolari e la scheda contabile di Newco) e che la Cooperativa Sociale non si era insinuata nel fallimento.

Esito

Stralciate le posizioni degli altri imputati, con Sentenza del 7 ottobre 2020, il GIP assolveva il dominus della Newco, “perché il fatto non sussiste”.

Per rigettare le tesi accusatorie, la Sentenza inizia affermando:
… occorre prendere in considerazioni anche le allegazioni ed i ragionamenti svolti nella consulenza tecnica redatta nell’interesse dell’imputato dal dott. Paolo RIVELLA (depositata all’udienza del 23.6.2020) … ”

– La liberatoria

In merito alla mancata “liberatoria” (ma effettivo pagamento) del prezzo dell’azienda, la Sentenza prende atto degli assegni prodotti dal Rivella e prosegue:
… come argomentato dal CTP dell’imputato, … «Newco srl non ha mai assunto l’obbligo di fornire una liberatoria, ma solo di raggiungere una situazione di fatto, ovvero la futura mancata richiesta di 210 mila euro di Cooperativa Sociale» e ciò è ancora più ragionevole se si considera che «a sette anni dall’apertura del fallimento, la chiusura potrebbe ora essere in vista. Con la chiusura del fallimento, la persone giuridica fallita ottiene l’esdebitazione. A quel punto, la liberatoria sarà ottenuta di fatto» (cfr. pagg. 26 e 27 CTP cit.)

– Il prezzo “vile”

La Sentenza prosegue affermando che:

Non vi sono neppure elementi che consentano di ritenere, oltre ogni più ragionevole dubbio, che la cessione sia avvenuta ad un «prezzo vile»“.

Dopo aver illustrato la tesi accusatoria su questo punto, la Sentenza giustifica in questo modo la frase appena riportata:

Elementi nettamente contrastanti sul punto, invero, sono ravvisabili nelle argomentazioni del CTP dell’imputato, il quale – con maggior impegno esplicativo ed un maggior ancoraggio delle relative conclusioni a dati contabili inerenti al concreto e precario «stato di salute» del ramo d’azienda oggetto della cessione (analisi appena sfiorata invece dal curatore) – ha sostanzialmente ritenuto congruo il prezzo in esame, escludendo con certezza che possa trattarsi di «prezzo vile» (cfr. sul punto, in particolare, pagg. 56-62 della consulenza, per ragioni di brevità da intendersi integralmente richiamate in questa sede, laddove si evidenziano le reali problematiche della fallita e lo scarso valore reale del ramo di azienda oggetto di cessione)“.

Nel Registro Generale delle Notizie di Reato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, il procedimento aveva il numero 2886/16.