Articoli

I commercialisti e il ricorso al credito dei loro clienti

I commercialisti e COFIP

Ho scoperto COFIP, una giovane associazione ancora poco conosciuta, ma già fucina di idee nuove e coraggiose.
L’ho scoperto a Bardolino (VR), assistendo come spettatore al loro secondo congresso nazionale, che si è tenuto dal 16 al 18 marzo 2017.
In due parole, i fondatori di COFIP pensano che in un futuro più vicino di quello che pensiamo, i piccoli imprenditori cercheranno credito alla stessa maniera con cui oggi tutti noi cerchiamo un hotel in una città sconosciuta – via Internet.
Sempre secondo loro, le banche non vedono l’ora di disfarsi progressivamente delle migliaia di addetti ai fidi oggi presenti nelle singole agenzie. Gente che costa cara e che impiega numerose settimane (anche se non per colpa loro) a caricare bilanci, a trascrivere dichiarazioni dei redditi, a fare visure al Registro Imprese, alla Centrale dei Rischi presso Banca d’Italia e presso le sempre più numerose e cangianti banche dati private.

Il Consulente Finanziario Professionista

All’incrocio tra queste due tendenze, COFIP vede la figura del Consulente Finanziario Professionista, un libero professionista (tipicamente un commercialista) che carica i dati dell’aspirante al credito su un portale che COFIP ha già realizzato. Il portale prevede procedure standardizzate e al termine produce un rapporto che non è diverso da quello che le banche ora producono al proprio interno. Questo rapporto (con opportuni aggiustamenti per garantire livelli diversi di anonimato) è messo a disposizione non di una banca ma di numerose di banche, che possono così scegliere i clienti a cui prestare denaro, secondo il profilo di rischiosità, di area geografica, di settore merceologico, di taglio quantitativo che più preferiscono.

Mercato telematico del credito

L’idea è quella di creare un mercato telematico del credito che riduca i costi e i tempi di erogazione, che aumenti la trasparenza e che in definitiva renda più efficiente il sistema del credito. I vantaggi per entrambe le parti sono evidenti.
Per ora hanno aderito alla piattaforma tre banche medie (tra 500 e 1.500 sportelli ciascuna) e una grande (più di 2.000 sportelli). I Consulenti Finanziari Professionisti accreditati da COFIP (che è iscritta all’Albo del Ministero dello Sviluppo Economico, tra le associazioni autorizzate a rilasciare attestati di qualità) sono invece poche centinaia. Molti di più sono quelli che si stanno frequentando i vari moduli formativi che conducono all’accreditamento.

I vantaggi

Quell’imprenditore che ha la fortuna di utilizzare un commercialista che sia al contempo un Consulente Finanziario Professionista, può godere già da subito di vantaggi, anche senza cambiare la sua banca di riferimento. Quanti sono, per esempio, i commercialisti che suggeriscono ai clienti di tenere aggiornato il loro certificato della Centrale dei Rischi presso Banca d’Italia? E quanti riescono ad accedere a quella Centrale dei Bilanci (con relativi indici e statistiche) che usano le banche per verificare i loro clienti? Dietro a questi due documenti c’è tutto un mondo, che pochi commercialisti conoscono ma che è cruciale per accedere a nuovi finanziamenti e addirittura per mantenere quelli in corso. Anche solo la correzione degli errori (della banca e/o del cliente), prima che diventino bloccanti, è un’attività fondamentale.
Sapevo tutto questo, ma non mi attendevo la vitalità, la raffinatezza informatica, la complementarietà delle competenze e non ultimo lo spirito collaborativo (la “sharing economy”) che ho visto a Bardolino al convegno di COFIP .
Soprattutto, ho scoperto che sotto le ceneri di un sistema finanziario mai come oggi così sconfitto al proprio interno e malvisto all’esterno, stanno covano energie nuove e sorprendenti.

Presenza on-line

In Italia c’è un sito (www.BorsadelCredito.it) che è in grado di finanziare aziende in due giorni. Ce n’è un altro (www.prestiamoci.it) che svolge più o meno la stessa funzione, ma rivolto alle famiglie e non alle imprese. Un terzo (www.workinvoice.it) sconta le fatture tra società di capitali, quando il destinatario fattura almeno 10 milioni di Euro.
Più o meno tutte queste realtà – a quanto ho capito – agiscono come “brokers” e non come “principals”. Prestano però grande attenzione a selezionare e frazionare il rischio che corre l’altra metà dei loro clienti, ovvero quelli che danno a prestito i capitali.
Ho ascoltato e a volte parlato con gli esponenti di quelle iniziative che più delle altre attiravano la mia attenzione. Al convegno, però, sono intervenute numerose altre imprese di settori molto diversi, tutte accomunate dalla freschezza della loro analisi e dalla novità del loro progetto: SIM, giovani società di consulenza strategica, banche (sì, anche qualche banca! E con rappresentanti non meno lucidi degli altri; sorprendente!), società informatiche che lavorano nell’intelligenza artificiale, incubatori di imprese.
Pensavo che la disintermediazione finanziaria fosse un concetto astratto, che al massimo faceva capolino in realtà molto lontane da noi. Ho scoperto che non è così.

Per una volta, respirare l’atmosfera di questa novità è stato un piacere.

Usura bancaria: seminario in materia bancaria e finanziaria

L’usura bancaria e i suoi riflessi penali.

L’associazione “Giovani avvocati” e l’associazione “Giovani commercialisti” di Torino hanno organizzato un ciclo di conferenze in materia bancaria e finanziaria.
Nell’ambito delle quattro conferenze dedicate all’usura bancaria ed ai suoi riflessi penali, il dott. Paolo Rivella è stato invitato a trattare l’attività del Consulente Tecnico (CT) in questo campo.
Icona doc PDF

 

A questo link sono disponibili le diapositive presentate durante il suo intervento.

 

 

L’usura nei contratti di mutuo

Ma nei contratti di mutuo può verificarsi il reato di usura da parte delle banche?

Quando pensiamo ai “poteri forti”, vengono subito in mente le banche.

Ma ultimamente, nonostante questa “forza”, il sistema bancario italiano sta incassando una serie di sconfitte giudiziarie molto gravi, che aprono la porta a una grande massa di richieste di risarcimento. Dopo una serie di pronunce favorevoli ai correntisti bancari (vedi Anatocismo, boom di ricorsi, nuove imprese) all’inizio del 2013 la Corte di Cassazione si è interessata ai contratti di mutuo ipotecario, che riguardano milioni di privati cittadini.

La sentenza n.350 – 9 gennaio 2013

Con la sentenza n. 350 del 9 gennaio 2013 la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini della Legge sull’Usura, il conteggio degli interessi effettivi pattuiti tra banca e mutuatario deve comprendere gli interessi di mora anche se poi questi non vengono applicati, tipicamente perché il cliente paga puntualmente le rate. Questo sulla base del testo letterale della Legge, secondo cui: “… si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento“.

Aggiungendo al tasso ordinario anche il tasso di mora, quasi tutti i contratti di mutuo finiscono di superare il tasso soglia dell’usura, addirittura già al momento della stipula del contratto.

Questo significa che – una volta accertata la natura usuraria del mutuo – il mutuatario avrebbe diritto di ottenere la restituzione di tutti gli interessi pagati in passato. E non solo: in teoria potrebbe continuare a restituire a rate il capitale alla banca, senza più pagare interessi. Se il contratto di mutuo usurario diventa nullo, non è escluso che il contraente possa ottenere – a suo favore – gli interessi sugli interessi non dovuti pagati in passato e forse anche la restituzione delle spese iniziali di erogazione versate.

Per il sistema bancario, sarebbe una rovina.

È difficile credere che davvero si offra questa possibilità a così tanti mutuatari e per importi singoli così elevati.

Il video “Le Iene”

Una conferma indiretta viene da un video. Si tratta di un documento sorprendente: “Le Iene” entrano nella torre d’avorio della Banca d’Italia.

È raro vedere un direttore centrale della banca rispondere in dettaglio alle domande di un giornalista non specializzato. È ancora più raro vedere cosa succede al minuto 8 e 30 secondi: l’intervista viene forzatamente terminata per non entrare nel merito di cosa succede quando il mutuo viene riconosciuto usurario. Il direttore centrale della Banca d’Italia inizialmente dice che la banca deve restituire solo gli interessi che superano il tasso usurario. Il giornalista gli mostra documenti che indicano il contrario: la banca deve restituire tutti gli interessi. A questo punto l’intervista viene interrotta dall’addetto stampa.

Onore al merito: i miei complimenti al giornalista, che è riuscito a rendere comprensibile un argomento altrimenti riservato ai soli esperti e ha dimostrato quanto il problema sia grande e delicato per il sistema bancario.

Anatocismo, boom di ricorsi, nuove imprese

Cos’è l’anatocismo, quali sono le modifiche introdotte negli ultimi anni dalla Corte di Cassazione, e perché hanno prodotto uno sviluppo repentino e vivacissimo di una nuova linea di business per avvocati e commercialisti, con una chiara impronta “commerciale“.

Cos’è l’anatocismo?

Sono gli interessi sugli interessi, in teoria vietati dalla legge italiana, ma in pratica ammessi nel settore più rilevante, ovvero quello del credito bancario.

Un po’ di storia

Fino al 1999, i Tribunali davano ragione alle banche, quando i clienti provavano a lamentare che ogni trimestre gli interessi passivi del conto corrente venivano sommati al capitale dovuto e finivano così per generare interessi su interessi.
Nel 1999, la Corte di Cassazione cambia opinione, scatenando un piccolo terremoto.

Posizione del Governo

Il Governo, per venire incontro alle banche, approva una modifica del Testo Unico Bancario (il cosiddetto TUB) che esplicitamente prevede la possibilità dell’anatocismo bancario, purché la capitalizzazione degli interessi avvenga con uguale periodicità a favore e sfavore del cliente.
Per questo motivo dal 2000 le banche riconoscono gli interessi attivi sul conto corrente ogni trimestre e non più annualmente.
Rimase invece irrisolto il problema dei conti correnti aperti prima del 2000, che per decenni avevano subìto l’addebito di interessi ogni trimestre e avevano ricevuto gli interessi attivi ogni anno.
Il Governo ha tentato due volte di introdurre una sanatoria per l’anatocismo ante aprile 2000. Entrambi i provvedimenti sono però stati eliminati dalla Corte Costituzionale, la seconda volta nell’aprile 2012.

Anatocismo e soglie d’usura

Le banche hanno anche un altro problema nei confronti dell’anatocismo: le soglie d’usura. Se si depura il saldo del conto dagli interessi sugli interessi, l’importo degli interessi che la banca ha addebitato sul conto diventa – in percentuale di un capitale che si riduce – più rilevante. Può succedere che la percentuale superi la soglia d’usura; in questo caso per la banca sono guai.
Si moltiplicano i casi in cui funzionari vengono condannati per prestiti usurai che essi hanno deliberato a nome della loro banca.

Diritti del correntista

Il problema dei conti correnti aperti prima del 2000 è stato affrontato anche da una nuova importante sentenza del 2010 – a favore dei correntisti – della Corte di Cassazione (a Sezioni Unite e quindi compatta). La Corte ha stabilito che il diritto di chiedere alle banche la restituzione degli interessi sugli interessi (un diritto che si prescrive in dieci anni) non parte dal momento in cui sono stati addebitati gli interessi illeciti, ma dal momento in cui il conto corrente viene chiuso.
In definitiva, i titolari di ogni conto corrente bancario aperto prima del 20 aprile 2000 e ancora aperto, o chiuso da meno di dieci anni, hanno il diritto di chiedere alla banca la restituzione dell’importo derivante dall’anatocismo.

Fare ricorso: sì o no?

Chi era “in rosso” dieci e più anni fa, spesso continua ad essere “in rosso”. Questi soggetti temono che, chiedendo la restituzione degli interessi usurari, gli venga revocato il fido per ritorsione.
È un rischio da valutare, ma ci sono casi in cui il ricorso può essere efficace:

  • se ci sono i requisiti, si raggiunge una transazione con la banca senza il bisogno di intraprendere un’azione legale;
  • se il richiedente ha cambiato banca, chiedere il rimborso alla vecchia banca non presenta particolari rischi;
  • se il cliente della banca ha già ricevuto la revoca del fido e non è in grado di rientrare, può chiedere il rimborso alla banca non per ricevere denaro, ma per pagarne di meno a saldo e stralcio. Questo è il caso in cui il cliente “vince” più facilmente: la banca si toglie due problemi con una sola transazione.

Un nuovo settore economico a cavallo tra impresa e libera professione

Intraprendere un’azione nei confronti di una banca richiede necessariamente un ausilio tecnico.
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale dell’aprile 2012, questi tecnici sono partiti a caccia di clienti vittime dell’anatocismo.
Non si tratta, però, più solo di commercialisti e/o avvocati – così come sarebbe avvenuto fino a pochi anni fa – ma di vere e proprie organizzazioni commerciali, che ingaggiano agenti di commercio per un’azione di “marketing” più aggressiva e che si organizzano al loro interno con procedure di lavoro parcellizzato tipico di un’impresa e non di uno studio professionale.
Sta cadendo quella barriera tra impresa e libera professione, che in Italia era innata da secoli a livello sociale oltre che legale. Da una parte, le imprese hanno sempre meno vincoli ad aggredire le tradizionali aree di clientela dei professionisti; dall’altra i professionisti non sono più vincolati come un tempo dagli ordini professionali. Prova ne sia che – nel caso dell’anatocismo – molti avvocati e commercialisti lavorano all’interno delle organizzazioni commerciali specializzate che sono nate.

Quanto costa agire contro una banca?

Gli onorari per questi servizi possono comprendere un compenso fisso predeterminato più una percentuale sul risultato, oppure la sola percentuale sul risultato (spesso, in questi casi, il lavoro di organizzazione dei documenti è a carico del cliente).
Quando la consulenza era legalmente riservata ai liberi professionisti (avvocati e/o commercialisti) il cliente non poteva pagare in percentuale del risultato, ma solo secondo le tariffe professionali. Quando perdeva, il cliente si ritrovava più povero di prima. Ora invece, al massimo avrà perso tempo (più il compenso fisso, che però non è universale).
La riduzione del rischio economico spinge un certo numero di incerti ad agire contro la loro banca e a ingrandire così l’ondata delle istanze di rimborso (e di azioni legali) che si sta abbattendo sulle banche.

Conclusione

Le banche non stanno certo vivendo un momento di popolarità a livello sociale. Il fiorire di attività volte ad affrontare il tema dell’anatocismo è una delle tante conseguenze.
Vedremo se il governo tenterà per la terza volta di emanare una sanatoria a favore delle banche. L’ultima volta, è stato battuto per un difetto tecnico della legge e non per un motivo di sostanza.
Nel frattempo si è creato un nuovo settore economico dove avvocati, commercialisti e molti altri professionisti stanno lavorando intensamente.

Link di riferimento:

Per conoscere lo stato della giurisprudenza sull’anatocismo, consiglio questi due articoli, ammirabili al tempo stesso per la chiarezza e per la completezza: