Immobilizzazioni immateriali e falso in bilancio

Immobilizzazioni immateriali e falso in bilancio

L’imprenditore che redige un bilancio è sempre sottoposto ad almeno una di due tentazioni.

Se l’azienda produce utili, è tentato di apparire più povero per pagare meno tasse.

Se l’azienda produce perdite, è tentato di apparire più ricco del reale per continuare a ricevere credito da banche e fornitori.

Il consulente tecnico-contabile in ambito fallimentare tipicamente incontra la seconda situazione.

La voce “Immobilizzazioni immateriali” è oggi la preferita, da chi vuol fare apparire in bilancio una consistenza patrimoniale che in realtà non esiste. Un tempo, si usava la voce “Rimanenze”, ma oggi molte aziende operano nei servizi, o comunque mantengono rimanenze comunque basse: anche raddoppiandone falsamente l’importo non sarebbero sufficienti a raddirizzare un bilancio pericolante e attirerebbe comunque l’attenzione.

Marchi brevetti e software (tutti parte delle immobilizzazioni immateriali), invece, sono oggi oggetto di forti investimenti e appaiono quindi credibili anche quando non sono veri.

Nella mia esperienza, anche quegli imprenditori sfortunati che hanno capitalizzato vere immobilizzazioni immateriali (e qualcuno c’è) dimenticano di redigere le specifiche schede contabili atte a dimostrare la verità di questa posta.

A fronte di un successivo fallimento che ha azzerato il valore di queste immobilizzazioni, il consulente tecnico contabile dell’indagato, trova arduo dimostrare che al tempo la voce era vera.

Su questo argomento, ho pubblicato in passato un video (qui).

Una delle undici Sentenze che ho pubblicato (per estratto anonimo) sul mio sito, mostra il caso di un sindaco di Srl fallita, accusato di bancarotta fraudolenta da falso in bilancio (anche) per l’iscrizione di immobilizzazioni immateriali che il Curatore e poi il PM avevano ritenuto fittizie. Su questo punto, il GIP ha espressamente adottato la tesi tecnica (innocentista) che avevo esposto nella consulenza di parte (qui).