Il momento cruciale per l’indagato
C’è un momento cruciale nella vita di una persona soggetta ad un procedimento penale.
È il periodo che intercorre tra la notifica della chiusura indagini (il cosiddetto “415-bis”) e la richiesta – da parte del PM – del rinvio a giudizio.
In questo lasso di tempo (che come minimo dura venti giorni, ma che il PM spesso prolunga anche di mesi) l’indagato conosce i reati che gli vengono imputati e può ottenere copia di tutti i documenti che il PM è riuscito a raccogliere a suo carico. L’indagato – soprattutto – può fornire spiegazioni al PM. Può farsi interrogare, può presentare documenti, può depositare una consulenza tecnica che lo discolpi.
Il PM non ha interesse ad iniziare un processo che perderà. È quindi interessato a conoscere quali nuovi elementi – a discolpa – ha in mano l’indagato. Se gli elementi sono “forti”, il PM non perde certo la faccia, se cambia atteggiamento rispetto al “415 bis” e se chiede l’archiviazione del procedimento (o se qualifica i fatti come reati meno gravi e magari già prescritti).
Bisogna spiegarglielo con chiarezza ed evidenza, ma sicuramente in questa fase il PM è meno radicato nelle sue convinzioni di quanto diverrà nell’eventuale processo successivo.
Per il cliente finale, ottenere la richiesta d’archiviazione da parte del PM è una doppia vittoria: non solo esce moralmente a testa alta, ma si risparmia anni di ansie e di costi elevati, che qualunque processo implica. Un processo è complicato come un trapianto di cuore: potendo, è molto meglio guarire senza l’operazione.
Alcuni avvocati difensori preferiscono attendere la richiesta di rinvio a giudizio (e l’inevitabile processo), per non scoprire le carte con il PM. Anche questa è una strategia valida: mettiamo che la consulenza tecnica acquisita dal PM contenga degli errori. Portarli subito in evidenza, prima del rinvio a giudizio offre l’occasione al CT del PM di sanare gli errori con un’integrazione di CT e arrivare al processo più saldo. Portare alla luce gli errori in udienza, invece, vuol dire mettere il CT del PM in affanno e mostrarlo insicuro agli occhi del Giudice. In questo modo, tutto il lavoro del CT del PM (anche le parti che invece erano valide) rischia di apparire inconsistente.
In queste circostanze, il consulente tecnico dell’indagato deve attenersi alle scelte dell’avvocato. L’avvocato è come il direttore d’orchestra: il CT è uno dei suonatori.
Tra gli undici esempi di mie consulenze tecniche rivelatesi positive (secondo le sentenze), che ho recentemente pubblicato sul mio sito, tre consistono in richieste di archiviazione da parte dello stesso PM, che in sede di 415 bis aveva indicato reati gravi. Si tratta di una sospetta usura (qui), di un falso in bilancio contestato come bancarotta, ad un sindaco di Srl (qui) e di operazioni dolose contestata all’amministratore unico di una Srl fallita (qui).