Controllo di gestione obbligatorio: che fare?(2)
COME FUNZIONA?
Il nuovo articolo 2086 del Codice Civile impone di “… istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale“.
Per ottenere questo, occorre adottare (a mio avviso):
- una “contabilità dei costi”, che permetta di capire in tempi immediati la redditività di ciascun prodotto e servizio;
- un sistema di “controllo di gestione” costituito da un bilancio preventivo a livello mensile o trimestrale (“budget”), da utilizzare come metro di misura dei risultati effettivi via via ottenuti durante l’anno.
Si tratta di procedure complicate, che non possono essere improvvisate e che richiedono competenza trasversali – a cavallo tra quelle dell’ingegnere e quella del commercialista “aziendalista”.
Non per nulla, in questo settore il mercato della consulenza è distribuito tra figure diverse. Oltre agli ingegneri e ai commercialisti (oggi in rimonta, soprattutto i giovani), ci sono anche persone senza qualifiche formali, ma che semplicemente hanno imparato il mestiere sul campo, magari lavorando come dipendenti di qualche impresa di grandi dimensioni e ben organizzata. La conoscenza del settore merceologico è importante.
Molte imprese, anche medio-piccole, già adottano la contabilità dei costi e il controllo di gestione – che sono in primo luogo uno strumento per guidare l’azienda, e non solo un obbligo di legge.
Chi ancora non l’adotta, però, sicuramente in questo momento è conteso tra la pressione ad adeguarsi ed il costo – non certo indifferente – di impiantare una nuova procedura e una nuova contabilità.
Anche se non sono un esperto di controllo di gestione, ho due suggerimenti per questi imprenditori:
- fare comunque qualcosa, anche minimo, è meglio che non fare nulla;
- prepararsi a dimostrare, un domani, di aver fatto qualcosa.
Continua. Domani la terza parte.