Controolo di gestione - Nuove regole

Controllo di gestione obbligatorio: che fare?(1)

NUOVE REGOLE

Controllo di gestione: dal 16 marzo 2019 è diventato OBBLIGATORIO, per le società commerciali, organizzarsi in modo da rilevare tempestivamente l’eventuale situazione di crisi e – ancor più – la “perdita della continuità aziendale“.

L’obbligo è previsto in un nuovo comma, che si è aggiunto in coda all’art. 2086 del Codice Civile.

Gli amministratori che non si adeguano, diventano personalmente responsabili per i danni che causano ai creditori della società. Finora, invece, questa responsabilità di fatto scattava solo in caso di colpa (“mala gestio”), oltre che, ovviamente, in caso di dolo.

C’era sì il dovere degli amministratori di cessare l’attività quando il patrimonio era perso, ma era difficile dimostrare QUANDO ciò era accaduto. Con l’obbligo di controllo di gestione, invece, diventa ora più facile inchiodare gli amministratori alle loro responsabilità. Tanto più che dal 16 marzo 2019, i criteri per calcolare il danno risarcibile vengono inseriti direttamente nel Codice Civile (con un nuovo comma aggiunto all’art. 2486).

Senza contare che dal 15 agosto 2020, l’Agenzia delle Entrate e l’Inps dovranno segnalare quelle imprese che non versano regolarmente quanto dovuto.

Quest’ultima è la novità più dirompente di tutte. Se la norma non verrà cambiata (sembra che ADE e Inps non la gradiscano), per gli imprenditori diventerà pressoché impossibile nascondere l’insolvenza.

L’obbligo di segnalazione, da parte di Agenzia delle Entrate e Inps, è il vero “bastone” della nuova Legge (Codice della Crisi e dell’Insolvenza), studiato per evitare la situazione di oggi, quando gli imprenditori continuano a rinviare nel tempo il riconoscimento della propria crisi e così facendo amplificano i danni alle tasche altrui e alla buona fede del mondo degli affari.

La “carota” sarà invece l’abolizione della parola “fallimento” (che oggi marchia d’infamia gli amministratori delle società fallite) e soprattutto l’abbandono della dissoluzione dell’impresa come esito della crisi di fatto imposto dalla Legge.

Se la malattia dell’azienda verrà presa in tempo (ha ragionato il Legislatore) diventerà possibile continuare l’attività, dopo una ristrutturazione che non escluderà più, a priori, il vecchio “imprenditore”.

La parola “fallimento” sta per andare in pensione, ma la parola “Curatore” non sarà più il sinonimo di “becchino” ma – appunto – quella di uno che cura il paziente per mantenerlo in vita.

E il modello americano del “Chapter 11”. Sarà interessante vedere il funzionamento pratico della sua versione italiana.

Continua. Domani la seconda parte.